Militare dell'esercito, esploratore e scrittore, è annoverato fra i principali oppositori del regime di Salazar. Con il dirottamento della Santa Maria sollevò il problema del salazarismo sul piano internazionale.
Tempo fa, sfogliavo “Mille soli”, una raccolta di eventi e protagonisti incontrati da Dominique Lapierre durante la sua carriera, e adocchiavo una piccola foto. Ritraeva Lapierre giovane e un altro ragazzo fare capolino da un salvagente su cui era scritto: “Lisboa”. Ero appena tornato dal Portogallo e la cosa mi incuriosì. Sotto c’era la foto più grande di un capitano che posava con fiera semplicità alla prua di una nave. Dalla didascalia apprendevo trattarsi della Santa Maria, ribattezzata Santa Liberdade, e che quello era il capitano Henrique Galvão. Ora, “Mille soli” prende il titolo a prestito da un proverbio indiano, che nei momenti di sconforto ricorda: “Ci sono mille soli al di là delle nuvole”. Henrique Galvão è stato in Africa, in America Latina, non è mai stato in India, ma questo proverbio lo sapeva bene. Per gli altri, abituati alle nuvole, era solo un matto e uno sconsiderato. In gioventù Galvão sostenne il governo di Salazar, prima e dopo il suo insediamento, ma era una persona indipendente. Leggeva tanti libri, ne scriveva altrettanti ed era poliglotta. Perché non facesse troppi danni fu mandato a Luanda, in Angola, dove ricoprì incarichi di una certa importanza. Essere organico al sistema, occupando posti di privilegio, non gli impedì di denunciare abusi e ipocrisie, in particolare sulle condizioni di fattiva schiavitù della popolazione locale. Benché per la legge i coloni portoghesi e i neri angolani avessero pari diritti una volta che questi ultimi avessero ottenuto la cittadinanza, per l’estrema difficoltà di ottenerla, vigeva una sorta di apartheid e i neri svolgevano i mestieri più umili a prezzi da fame. La dissidenza tra Galvão e il regime, che pure senza essere una dittatura totalitaria come il fascismo in Italia, conservava le forme della democrazia svuotate della loro sostanza, portò all’allontanamento del capitano.
In Venezuela, dove si stabilì, Galvão trovò un modo più efficace dei semplici j’accuse già dati alle stampe, di porre all’ordine del giorno sul piano internazionale il problema di quel residuo fascista che erano il salazarismo e il franchismo nella penisola iberica: dirottare una nave da crociera. Con un manipolo di portoghesi libertari e repubblicani spagnoli, diede modo ai giornali di mezzo mondo di titolare a caratteri cubitali: “I nuovi pirati”. Appena avvistata da un isola britannica, a cui la Santa Liberdade si avvicinò per calare un membro dell’equipaggio rimasto ferito durante le operazioni, Lisbona e Madrid gli mandarono subito incontro due cacciatorpediniere. Washington fece lo stesso e arrivò per primo. Galvão fu costretto ad abbandonare l’idea certo velleitaria di approdare a Luanda e fare scoppiare la rivoluzione, accettando di attraccare a Recife, dove Lapierre riuscì ad assicurarsi un’intervista in esclusiva per Paris Match grazie a uno stratagemma. Il capitolo che il giornalista avrebbe dedicato al ricordo di quell’impresa si intitola: “Don Chisciotte e venticinque pirati contro i tiranni”. Ciò che mi ha fatto riflettere in questa storia è la ricerca di un principio di giustizia che pure nella generale connivenza e omertà, finisce per spuntarla. Sì, perché se anche il capitano Galvão è stato considerato un eccentrico, un pazzo, e la sua visione non si sia certo avverata, il dirottamento della Santa Liberdade contribuì a denunciare una carenza democratica che le democrazie ignoravano per convenienza più che per ignoranza. Galvão morì quattro anni prima di assistere a quella rivoluzione che proprio partendo dall’Angola e dalla stanchezza di combattere una guerra insensata infilò garofani nei fucili dei soldati che da Santarem occuparono Lisbona, ma quella sua pazzia allora dovette suonare savia e il suo esempio premonitore.
In Venezuela, dove si stabilì, Galvão trovò un modo più efficace dei semplici j’accuse già dati alle stampe, di porre all’ordine del giorno sul piano internazionale il problema di quel residuo fascista che erano il salazarismo e il franchismo nella penisola iberica: dirottare una nave da crociera. Con un manipolo di portoghesi libertari e repubblicani spagnoli, diede modo ai giornali di mezzo mondo di titolare a caratteri cubitali: “I nuovi pirati”. Appena avvistata da un isola britannica, a cui la Santa Liberdade si avvicinò per calare un membro dell’equipaggio rimasto ferito durante le operazioni, Lisbona e Madrid gli mandarono subito incontro due cacciatorpediniere. Washington fece lo stesso e arrivò per primo. Galvão fu costretto ad abbandonare l’idea certo velleitaria di approdare a Luanda e fare scoppiare la rivoluzione, accettando di attraccare a Recife, dove Lapierre riuscì ad assicurarsi un’intervista in esclusiva per Paris Match grazie a uno stratagemma. Il capitolo che il giornalista avrebbe dedicato al ricordo di quell’impresa si intitola: “Don Chisciotte e venticinque pirati contro i tiranni”. Ciò che mi ha fatto riflettere in questa storia è la ricerca di un principio di giustizia che pure nella generale connivenza e omertà, finisce per spuntarla. Sì, perché se anche il capitano Galvão è stato considerato un eccentrico, un pazzo, e la sua visione non si sia certo avverata, il dirottamento della Santa Liberdade contribuì a denunciare una carenza democratica che le democrazie ignoravano per convenienza più che per ignoranza. Galvão morì quattro anni prima di assistere a quella rivoluzione che proprio partendo dall’Angola e dalla stanchezza di combattere una guerra insensata infilò garofani nei fucili dei soldati che da Santarem occuparono Lisbona, ma quella sua pazzia allora dovette suonare savia e il suo esempio premonitore.
Bibliografia:
Luis Miguel Solla de Andrade Peres, Henrique Galvão, 1895-1970: Aspects of an Euro-african Crusade 1895-1970, University of South Africa, marzo 2009.
Dominique Lapierre, Mille soli, Mondadori, 1997
Altri riferimenti:
Nelson Moreira Antão - Célia Gonçalves Tavares, Henrique Galvão e o assalto ao Santa Maria. Percurso de uma dissidência do Estado Novo e suas repercussões internacionais, in Revista Sapiens, Lisbona, dicembre 2008
Pedro Jorge Castro, O Inimigo n.º 1 de Salazar, Esfera do Caos, Lisbona 2010
Francisco Teixeira da Mota, Henrique Galvão: Um Herói Português, Oficina do Livro, Lisbona 2011
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